Tra il deserto iracheno e Kiev
L'esigenza di rivedere le priorità dell’Occidente

Possiamo sperare che le annunciate manovre NATO siano servite a convincere Putin della necessità di raggiungere un accordo di tregua con il governo ucraino. I russi, davanti all’idea di trovarsi nuovamente come nel lontano 1914, in una guerra calda con l’Occidente, si sono dati una calmata. Una calmata che gli ucraini avrebbero fatto bene a darsi fin dal primo momento, visto che la loro tracotante operazione militare ad est si è risolta in un bagno di sangue inutile ed un fallimento. Non poteva essere diversamente, perché le popolazioni a maggioranza russofona di quell’area, hanno ricevuto immediatamente l’appoggio militare della madre patria, come si era visto già in Crimea. Sotto il profilo politico invece, bisogna pur rendersi conto delle differenze che corrono fra gli ucraini di Kiev ed i russi di Donestk. I primi si sentono europei a tutti gli effetti, i secondi no e nemmeno intendono diventarlo, stanno bene così come sono, russi. Impegnate nel tessere accuse e rivolgere minacce di sanzioni contro Mosca, le capitali occidentali, fossero Washington o Bruxelles, non si sono preoccupate di affrontare una questione piuttosto rilevante. I popoli dell’Europa hanno diritto all’autodeterminazione o meno? E se una parte cospicua delle popolazioni dell’est europeo, decidesse di non voler partecipare alla costruzione unitaria per ragioni etniche e culturali, cosa si fa, si inviano i carri armati? C’è un precedente in cui l’Europa ha sostenuto il diritto di autodeterminazione degli albanesi kossovari nei confronti della Serbia. perché mai i russofoni di Donestk e province affini, che sono maggioranza in Ucraina, non dovrebbero godere degli stessi diritti che abbiamo riconosciuto agli albanesi? Stiamo attenti a non costruire un’Europa come una camicia di forza, non solo della moneta unica, ma anche dei sentimenti di appartenenza. La politica estera di un grande consesso democratico, lo diciamo sommessamente a chi ne assume la responsabilità, avrebbe dovuto visionare innanzitutto questo problema di consenso. Invece, incapaci di renderci conto che siamo entrati in un epoca completamente nuova, dove sistemi ideologici e confini tracciati a matita e righello nel secolo scorso sono saltati, in Europa, come nel mondo, abbiamo rivangato la guerra fredda! E’ sgradevole vedere la Nato prepararsi ad attaccare una Russia intenta a difende i suoi connazionali in Ucraina, da un governo imposto con la rivolta di piazza, quando in Iraq si sgozzano reporter statunitensi e si trucidano cristiani inermi. Vorremmo che l’Unione europea e gli stessi Stati uniti d’America ripensassero le loro priorità, se proprio non sono in grado di riconoscere le esigenze di diversificazione che vi possono essere fra gli abitanti di aree estese centinaia di migliaia di chilometri quadrati. L’Occidente dovrebbe schierare le sue truppe dove viene minacciato nei suoi valori fondamentali e non dove sono messi in questione i suoi confini naturali. Perché anche se mandiamo i carri armati a Donetsk, a meno che non sterminiamo l’intera popolazione, come in Crimea del resto, ci piaccia o meno, gli abitanti restano russi.

Roma, 3 settembre 2014